Nell’estate del 1968, Alan Kay era uno studente di dottorato all’Università dello Utah. Aveva 28 anni e disegnava computer su fogli di carta. Non erano ancora prototipi reali: più che altro erano schizzi. Ritraevano rettangoli sottili con schermi piatti, tastiere integrate, uno stilo. Roba uscita dal futuro. Chiamò quella visione KiddiComp, e poi più avanti Dynabook.
Cos’era? Un quaderno dinamico. Un computer portatile per bambini che potesse sostituire libri, quaderni, lavagne. Pesava meno di 2 kg (sulla carta), costava 500 dollari (sempre sulla carta) e aveva uno schermo tattile (che non esisteva). Il problema? Nel 1968 i computer occupavano intere stanze, pesavano tonnellate e costavano milioni. In un contesto del genere, però, Kay stava praticamente disegnando un iPad con 42 anni di anticipo.
Ma per capire meglio serve fare un passo indietro.
Il LINC di Wesley Clark: quando un computer diventò personale
Per capire il Dynabook bisogna tornare al 1962, al MIT Lincoln Laboratory. Lì Wesley Clark, un fisico con la reputazione di essere l’unico al mondo ad essere stato licenziato tre volte dal MIT per insubordinazione, costruì il LINC. Laboratory INstrument Computer. Era grande come due televisori affiancati, pesava quanto un armadio, ma era dotato di cose che nessun altro computer aveva avuto fino ad allora: una tastiera, uno schermo e un’interfaccia interattiva. Non dovevi più consegnare mazzi di schede perforate a un operatore che scompariva dietro porte sigillate. Potevi usarlo tu, direttamente, in tempo reale.
Il LINC costava 43.000 dollari, una cifra che bastava per comprare una casa in periferia: ma per un laboratorio scientifico era un affare. Era come comprare una Ferrari quando tutti hanno carrozze trainate da cavalli. La DEC (Digital Equipment Corporation) ne costruì 50 unità. Clark voleva che fosse “solo un altro strumento da laboratorio”, ma in realtà stava inventando il concetto di personal computer. Computer per una persona sola. Non per un dipartimento, non per un’azienda. Per te.
Nel 1968, quando Alan Kay iniziò a disegnare il KiddiComp, si ricordò del LINC. Kay stesso ha dichiarato: “Decisi di riguardare il LINC di Wes Clark e lo apprezzai molto di più”. Il LINC dimostrava che un computer poteva stare su una scrivania, rispondere in tempo reale e non richiedere un operatore specializzato.
Kay si chiese: perché fermarsi lì? Perché non farlo arrivare a pesare come un quaderno?
KiddiComp: un tablet nel 1968
I primi disegni del Dynabook (allora chiamato KiddiComp) risalgono al gennaio 1968. Kay era ancora dottorando, lavorava su linguaggi di programmazione e aveva appena visto il sistema Sketchpad di Ivan Sutherland. Le specifiche erano chiare. Troppo chiare per il 1968: schermo piatto da 8,5×11 pollici, spessore di mezzo pollice, interfaccia grafica, tastiera integrata, stilo per scrivere sullo schermo, connessione wireless, sistema operativo visuale. Doveva costare al massimo 500 dollari, doveva pesare meno di 1,8 kg. Doveva essere usabile da un bambino di sei anni.
Negli anni ’60, mentre Kay disegnava il suo tablet impossibile, la cultura pop immaginava futuri diversi. Star Trek (1966) mostrava comunicatori tascabili e computer vocali. 2001: Odissea nello spazio (1968) aveva schermi piatti e intelligenze artificiali. Ma nessuno, nemmeno Kubrick, aveva immaginato un computer portatile educativo. Kay non pensava a gadget futuristici. Pensava a bambini che imparavano matematica disegnando sullo schermo. A simulazioni interattive di fisica. A linguaggi di programmazione visivi che permettessero a chiunque di creare software.

Nel 1972, Kay pubblicò il paper definitivo: “A Personal Computer for Children of All Ages”. Il nome era ormai cambiato in Dynabook. “Dyna” per dinamico, “book” perché sostituiva i libri. Il documento includeva scenari d’uso dettagliati: bambini che programmavano giochi collaborativi in wireless, studenti che scaricavano ebook da “distributori automatici digitali”, adulti che usavano il Dynabook per scrivere, disegnare, comporre musica.
Xerox PARC e l'”Interim Dynabook”
Nel 1970, Kay entrò a Xerox PARC (Palo Alto Research Center). Xerox aveva appena fondato questo laboratorio con un mandato semplice: inventare l’ufficio del futuro. Kay portò con sé il concept del Dynabook. Ma Xerox non era interessata a computer per bambini. Xerox vendeva fotocopiatrici. I dirigenti rifiutarono di finanziare il progetto. Troppo futuristico, troppo costoso. Troppo lontano dal core business.
Kay fece quello che faceva sempre quando gli dicevano no: ignorò l’ordine. Insieme a Chuck Thacker e Butler Lampson, iniziò segretamente a costruire una macchina che chiamò “Interim Dynabook”. Il Dynabook provvisorio. Non sarebbe stato portatile. Non sarebbe costato 500 dollari. Ma avrebbe avuto l’interfaccia grafica, il mouse, le finestre sovrapposte, l’ambiente di programmazione Smalltalk. Nacque così, nel 1973, lo Xerox Alto.
L’Alto era grande quanto un frigorifero da ufficio e costava quanto una Mercedes. Ma funzionava. Schermo bitmap 72 DPI, mouse a tre pulsanti, Ethernet per collegare multiple macchine in rete, stampante laser. Quando Kay lo completò, rilasciò il sistema operativo con un’immagine di Sesame Street: Cookie Monster che teneva in mano la lettera C. Un omaggio ai bambini per cui aveva immaginato il Dynabook. Xerox ne costruì circa 2.000 unità, tutte per uso interno. Mai commercializzato.
Nota di contesto:
Un dirigente Xerox disse a Bob Taylor, manager del laboratorio: “Il computer non sarà mai importante per la società quanto la fotocopiatrice”. Ne era davvero sicuro.
Nel 2019, Xerox valeva 6,5 miliardi di dollari. Microsoft valeva 1.010 miliardi. Apple 874 miliardi. Il “computer non importante” ha generato più valore di tutte le fotocopiatrici della storia.
Steve Jobs, dicembre 1979: la visita che cambiò tutto
Nel dicembre 1979, Steve Jobs aveva 24 anni e Apple era sul punto di quotarsi in borsa. Xerox voleva un pezzo di quella torta e propose uno scambio: comprare 100.000 azioni Apple in cambio di una visita a PARC. Jobs accettò. Larry Tesler, ricercatore PARC, condusse la demo. Mostrò lo Xerox Alto: finestre, icone, mouse, email, word processor WYSIWYG. Jobs iniziò a camminare avanti e indietro nella stanza. “Perché non state facendo niente con questa roba?” continuava a ripetere. “State seduti su una miniera d’oro”.
Tesler ricorda Jobs con il pugno sotto il mento, eccitato come un bambino. Bill Atkinson, ingegnere Apple che accompagnava Jobs, aveva il naso praticamente attaccato allo schermo. Voleva capire come funzionava tutto. Dopo un’ora di demo, Tesler disse a un collega: “Dopo un’ora hanno capito la nostra tecnologia meglio di quanto qualsiasi dirigente Xerox l’abbia capita in anni”.
Jobs tornò ad Apple e ordinò: “Dovete fare un mouse”. Dean Hovey, designer industriale, non sapeva nemmeno cosa fosse un mouse. Jobs spiegò: “Il mouse Xerox costa 300 dollari e si rompe dopo due settimane. Voglio un mouse che costi 15 dollari, duri due anni e funzioni sui jeans”. Questo è innovazione. Non copiare. Capire l’idea e rifarla meglio, più economica, per tutti.
Lisa, Macintosh e l’eredità del Dynabook
Nel gennaio 1983, Apple lanciò il Lisa. Interfaccia grafica, mouse, desktop metaphor. Costava 9.995 dollari. Fu un flop commerciale. Troppo caro, troppo lento, troppo presto. Ma dimostrava che le idee di PARC potevano diventare prodotti. Nel gennaio 1984 arrivò il Macintosh. Stesso concept, prezzo accessibile: 2.495 dollari. Il Mac cambiò il mondo. Microsoft vide il Mac e creò Windows. Il resto è storia.
Ma il Dynabook? Restava irrealizzato. Troppo sottile, troppo leggero, troppo economico. La tecnologia non c’era. Gli schermi piatti LCD erano ancora prototipi da laboratorio. Le batterie al litio non esistevano. I processori ARM non esistevano. Kay aspettò. Nel frattempo, lavorò su Smalltalk, linguaggio di programmazione orientato agli oggetti che avrebbe influenzato Java, Python e tutto il software moderno.
Nel 1981 arrivò l’Osborne 1: primo laptop commerciale. Pesava 11 kg. Nel 1991, l’Apple Newton: primo PDA con touchscreen. Troppo grande. Nel 2001, Microsoft presentò il Tablet PC. Kay disse: “È il primo computer simile al Dynabook abbastanza buono da poter essere criticato”. Nel 2010, Steve Jobs presentò l’iPad. Schermo da 9,7 pollici, spessore 1,3 cm, peso 680 grammi. Kay guardò la presentazione e pensò: siamo vicini. Ma non è ancora un Dynabook.
Perché Kay dice che il Dynabook non esiste ancora
L’hardware c’è. Lo schermo piatto c’è. Il touchscreen c’è. Il wireless c’è. La batteria che dura tutto il giorno c’è. Ma per Kay, il Dynabook non era solo hardware. Era un’idea: un computer educativo che permette a chiunque di programmare. L’iPad non te lo permette. Non puoi scaricare software fatto da altri bambini. Non puoi creare app senza un Mac e un account sviluppatore. Apple controlla cosa puoi e cosa non puoi installare.
Kay lo disse chiaramente in un’intervista del 2013: “Il 95% del concept Dynabook riguardava i servizi, non la forma fisica. L’obiettivo era la simmetria tra creazione e consumo. Leggere, scrivere, programmare, pubblicare. L’iPad ti permette di consumare. Il Dynabook doveva permetterti di creare”.
Il Dynabook rimane, quindi, una visione incompiuta. Un po’ come quelle macchine volanti che gli anni ’50 promettevano per il 2000. Abbiamo i droni, i taxi aerei in test, ma non la DeLorean che vola. Abbiamo l’iPad, il Surface, i Chromebook. Ma non il computer portatile che insegna ai bambini a pensare computazionalmente. Forse un giorno qualcuno costruirà davvero il Dynabook. O forse Kay aveva ragione fin dall’inizio: il futuro non si prevede, si inventa. Ma servono 40 anni di tecnologia per raggiungere le idee.