In cinese si usa il termine 复阳, letteralmente “di nuovo positivo” per indicare il fenomeno che sta sollevando nuove inquietudini e preoccupazioni fra la comunità medica cinese. Dopo essere stati dichiarati guariti e dopo essere stati opportunamente dimessi dalle strutture ospedaliere dove erano in cura, alcuni pazienti hanno ripresentato i sintomi riconducibili al nuovo coronavirus COVID-19; sottopostisi ancora una volta al test, sono risultati nuovamente positivi. Non è ancora chiaro se siano in grado o meno di trasmettere il virus ed infettare altre persone.
Il primo caso risale al 14 febbraio. Una coppia di coniugi canadesi della provincia centro-orientale dell’Ontario, dimessi rispettivamente il 29 ed il 31 gennaio, hanno accusato nuovamente i sintomi del COVID-19 a distanza di quattordici giorni. I conseguenti tamponi nasali in entrambi i casi sono risultati positivi.
Secondo il Beijing News, dai rapporti delle autorità locali cinesi emerge che dalla metà di febbraio sino agli inizi di marzo, i Dipartimenti per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie delle province del Guangdong, Sichuan, Hubei, Hunan, Jiangsu, Hainan e della municipalità indipendente di Tianjin hanno riportato tutti casi di “fuyang”, ovvero nuova positività. Altri casi sono stati segnalati in Corea del Sud e, come già anticipato, in Canada.
Timeline dei casi di recidiva da COVID-19
Il 25 febbraio Song Tie, Vicedirettore del Centro Provinciale per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie del Guangdong, ha dichiarato che in circa il 14% dei pazienti dimessi si sono verificati fenomeni di recidiva da Coronavirus. Li Yueping, direttore dell’Unità di Terapia Intensiva (ICU) del Centro per le Malattie Infettive dell’ottavo ospedale popolare di Guangzhou, ha dichiarato di aver individuato 13 pazienti nuovamente positivi durante il follow-up dei dimessi. Zhang Fuchun, Vicesegretario del Comitato di Partito e Capo Reparto dell’ottavo ospedale popolare della città di Guangzhou, ha dunque suggerito nel corso di una conferenza stampa che i pazienti dimessi dovrebbero sottoporsi ad un ulteriore periodo di isolamento a casa della durata di 2-4 settimane.
Il 28 febbraio, il Centro Provinciale per il Controllo e la Prevenzione delle Malattie della città di Xuzhou, nella provincia del Jiangsu, ha reso noto che il 27 febbraio uno dei pazienti precedentemente dimesso e mandato a casa è risultato positivo al test dell’acido nucleico, seppur asintomatico.
Il 27 febbraio, alcuni ricercatori dell’Ospedale di Zhongnan dell’Università di Wuhan hanno pubblicato uno studio sul fenomeno “fuyang” sul network della rivista JAMA (Journal of American Medical Association): quattro pazienti affetti da COVID-19, membri del personale medico di età compresa tra i 30 e i 36 anni, che soddisfacevano i criteri per le dimissioni ospedaliere o l’interruzione della quarantena in casa (assenza di sintomi clinici e anomalie radiologiche e 2 esiti negativi del test RT-PCR) sono risultati positivi al test RT-PCR dopo un intervallo di tempo di 5-13 giorni, con manifestazioni lievi o moderate della malattia.
Il 1° marzo il sito web ufficiale del governo provinciale di Hainan ha riferito che il primo paziente “fuyang” di Hainan è stato dimesso nuovamente dall’ospedale. La sua temperatura corporea era stabile da 5 giorni e sia il tampone faringeo che il test fecale erano risultati negativi due volte (effettuati con un intervallo di più di 24 ore). La provincia ha in seguito stabilito un più rigido follow-up: dal giorno della dimissione, nell’arco di 12 settimane il paziente è chiamato a presentarsi a tre nodi di revisione nella quarta, ottava e dodicesima settimana.
Rivedere i protocolli di isolamento e monitoraggio?
Il “Nuovo Piano di Prevenzione e Controllo della Polmonite da Coronavirus (quinta edizione)” dichiarava che oltre alla scomparsa dei sintomi clinici, i pazienti affetti da COVID-19 avrebbero dovuto sottoporsi a due test consecutivi di acido nucleico (intervallo di campionamento di almeno 1 giorno) e solo con due esiti negativi avrebbero potuto essere dichiarati guariti e dimessi. La settimana edizione del Piano prevede un ulteriore periodo di 14 giorni di isolamento e monitoraggio per i pazienti dimessi. La criticità, come individuato dalla Commissione Nazionale della Salute, resta nell’ escludere ed isolare i fattori in grado di generare falsi negativi.
Zhang Xiaochun, Vicedirettore del Dipartimento di Diagnostica per immagini dell’Ospedale di Zhongnan dell’Università di Wuhan ha riferito al Beijing News che i due metodi di rilevamento comunemente usati in Cina sono il tampone anale e il tampone faringeo. Il motivo è che sono efficienti e facili da usare, adatti dunque alla situazione attuale. Tuttavia, questi due metodi presentano delle criticità: “COVID-19 potrebbe non essere nella faringe e nell’ano, ma in altri punti del corpo (sangue, feci, versamento pleurico e liquido cerebrospinale). Inoltre, la quantità di virus nel corpo del paziente dimesso è generalmente piccola e potrebbe non essere captabile durante il rilevamento. Vi sono inoltre fattori di interferenza come la sensibilità del kit e le differenze fisiche del paziente che possono generare dei “falsi negativi“. Bisognerebbe dunque adottare un “approccio su più fronti”, la cui implementazione però richiederebbe tempo e risorse di cui nello stato di emergenza non si dispone.