Nel regno della fantascienza ricorre spesso l'idea che l'umanità entri in contatto con una intelligenza extraterrestre in un modo o l'altro. Un solo esempio su tutti: il delizioso racconto di Ted Chiang (nel libro "Storie della tua vita") e il conseguente, magnifico film di Denis Villeneuve ("Arrival"). Se non avete letto e/o visto, fatelo.
Anyway, tutte queste speculazioni stanno via via passando dalla fantascienza a contesti più seri. Tralasciando il Giappone, che da tempo lavora a un suo protocollo, e la Germania che ha aperto un panel scientifico sul tema, si muove un po' tutto il mondo. Gli studiosi costruiscono, un articolo scientifico alla volta, possibili risposte e conseguenze geopolitiche di un eventuale contatto con una intelligenza extraterrestre (anche detta ETI).
Affascinante. A prescindere.
La discussione non ha valore solo se pensate che sia probabile o anche solo lontanamente possibile che l'umanità possa mai contattare un'intelligenza extraterrestre. In realtà, può dirci molto su noi stessi (fino a prova contraria, come ho detto altre volte, gli E.T. siamo noi).
Un nuovo articolo appena pubblicato ha un titolo del tutto ortodosso: “Implicazioni geopolitiche di un programma SETI di successo”. Ma dentro c'è un mondo.
Gli autori del documento sono associati a istituzioni mica da ridere. La NASA (che dalla scorsa estate collabora anche all'indagine sugli UAP), il Penn State ETI Center, lo Spring Hill College Philosophy Department e la Harvard Law School.
L'articolo, a prima firma di Jason T. Wright della Penn State University, è stato accettato per la pubblicazione dalla rivista Space Policy, ed è attualmente disponibile sul sito di prestampa arxiv.org. Ve lo linko qui.

Intelligenza extraterrestre e maturità terrestre
Lo studio appena pubblicato è un po' la risposta a un precedente articolo del 2020, sempre su Space Policy, chiamato "La ricerca di intelligenza artificiale: una questione di realpolitik".
In quel documento, gli autori notavano che molte speculazioni sul tema si concentrano su una sola cosa: i rischi. Quelli legati alla SETI, (la ricerca dell'intelligenza extraterrestre) e al METI (l'invio di messaggi all'intelligenza extraterrestre). E se i nostri "vicini di universo" fossero troppo avanzati tecnologicamente e minacciosi? Se loro fossero come i Conquistadores spagnoli, e noi come gli Inca?
Stephen Hawking ne era certo:
Degli alieni tecnologicamente avanzati forse diventerebbero nomadi, cercando di conquistare e colonizzare qualunque pianeta potessero raggiungere.
Stephen Hawking, 2010
Hollywood ha incassato miliardi di dollari su questo tipo di speculazioni. Ma c'è un rischio molto più "basic" che nemmeno consideriamo.

Il rischio di ricevere anche soltanto un segnale di intelligenza extraterrestre.
Cosa c'è di così rischioso nel rilevare semplicemente un segnale? Noi. Noi e la nostra realpolitik.
Se non avete familiarità con questa parola, "realpolitik", vi fornisco una definizione e una traduzione.
La definizione: realpolitik è la politica basata su fattori pratici e materiali piuttosto che su obiettivi teorici o etici.
La traduzione: Il potere non obbedisce alle leggi, obbedisce solo a un potere maggiore.
La realpolitik è una politica volgare e sporca tra gruppi politici, o tra nazioni. La realpolitik è quello che accade davvero, e supera le parole vuote dei politici, che parlano di valori e virtù ma poi fanno altro.
Realpolitik riguarda i meccanismi del potere nel nostro mondo. Riguarda la nostra natura animalesca, in gran parte sempre la stessa dalla notte dei tempi.
Perché la realpolitik sarebbe un rischio in questo caso?
Se rileviamo passivamente io segnale di un'intelligenza extraterrestre, avremmo problemi relativi e assoluti. Quelli relativi sarebbero per Scienza e Religione.
La visione religiosa del mondo potrebbe essere in taluni casi gravemente minacciata. Potrebbero esserci significativi sconvolgimenti nei paesi a guida religiosa, persino violenze di estremisti religiosi, poi però le cose sarebbero "normalizzate".
Idem per gli scienziati, che dopo il momento "rivoluzionario" saprebbero razionalizzare la scoperta, e usarla come spunto per molte altre ricerche. Ma come reagirebbero le nazioni ei loro leader politici?
Lo stiamo vedendo anche oggi, con le ricerche sugli oggetti non identificati. "Un pericolo per la sicurezza nazionale", dice chiaramente la Difesa USA. Dall'altro lato, quello della neonata SETI cinese, i proclami sono competitivi: "saremo i primi a trovare gli ET".
Ogni volta che le nazioni competono tra loro, entra in gioco la realpolitik. E monopolizzare un eventuale contatto con un'intelligenza extraterrestre presenta potenziali vantaggi per la nazione che lo monopolizza.
Eppure, nello studio del 2020 i due autori affermano che le considerazioni sulla realpolitik dovrebbero essere importanti nella pianificazione di una SETI passiva di successo, arrivando a suggerire di militarizzare i radiotelescopi.

Oggi le conclusioni sono opposte
Il nuovo studio punta in sostanza a confutare quello del 2020. Gli autori pensano sia "altamente improbabile che una nazione possa monopolizzare con successo la comunicazione con un'intelligenza extraterrestre". Lo penso anch'io. I nostri osservatori più potenti hanno più nazioni e istituzioni come partner, e la comunità scientifica si basa sull'apertura, non sul protezionismo informativo.
Certo, una nazione potrebbe pensare di farlo. E in effetti sarebbe questa la minaccia più realistica.
A conti fatti, dicono i ricercatori, è tutto da dimostrare che ci sarebbe qualche vantaggio a tenere per sé una notizia del genere. Tecnologie aliene? Dovremmo prima capirle. Degli studiosi di epoca romana capirebbero qualcosa se acquisissero un testo moderno di fisica nucleare?
Tralascio le ampie considerazioni e conclusioni dello studio, che potete leggere con calma e completamente dalla fonte, e mi limito a dire che l'approccio realpolitik sarebbe il peggiore possibile.
Anche nello studio di queste ipotesi al momento remote occorre restare lucidi.