Forse viviamo nell’epoca più strana della storia. Da una parte guerre, povertà e disastri ambientali, dall’altra tecnologie che potrebbero risolvere ogni problema umano in pochi decenni. È in questo paradosso che non è folle immaginare una società utopica: non come fuga dalla realtà, ma come risposta concreta alle sfide del presente.
Automazione intelligente, governance decentralizzata, economia post-scarsità: i mattoni ci sono tutti. Serve solo il coraggio di usarli, e non è una cosa da poco. Anzi.
Utopia non è una parolaccia
I lettori assidui di Futuro Prossimo sanno che la nostra decisa preferenza non va all’utopia né alla distopia, ma ad una giusta via di mezzo, la protopia. I classici “50 giorni da orsacchiotto” di cui parlava Massimo Troisi, a metà strada tra il giorno da leone e i 100 giorni da pecora. Ma come si dice: siate realisti, chiedete l’impossibile. Giusto?
L’idea di società perfetta non è nata ieri. Thomas More coniò il termine “utopia” nel 1516, descrivendo un’isola immaginaria dove regnava l’armonia sociale. Da allora, il concetto ha attraversato i secoli: dai socialisti utopici del XIX secolo come Robert Owen e Charles Fourier, fino ai tecno-utopisti contemporanei della Silicon Valley. La differenza? Oggi abbiamo gli strumenti per renderla reale.
Karl Marx vedeva nella scienza e nella democrazia “la mano destra e sinistra” della transizione dal regno della necessità al regno della libertà. Non aveva tutti i torti: l’intelligenza artificiale, l’automazione e i sistemi decentralizzati stanno effettivamente delegittimando le vecchie strutture di potere, proprio come la scienza aveva fatto con monarchi e Chiesa.

Gli ingredienti della ricetta perfetta
La società utopica moderna poggia su quattro pilastri tecnologici già esistenti. Quali sono? Presto detto.
Primo: l’economia post-scarsità. L’automazione industriale sta trasformando settori dal manifatturiero all’agroalimentare, ottimizzando produzione e riducendo sprechi. Con robot e AI, potremmo produrre abbondanza per tutti.
Secondo pilastro: il reddito di cittadinanza universale. Non è fantasia da sognatori. Diversi studi macroeconomici dimostrano che un UBI ben calibrato può aumentare PIL e occupazione, riducendo disuguaglianze. La Finlandia ha sperimentato trasferimenti di 560 euro al mese, mentre Andrew Yang ne ha fatto il cavallo di battaglia della sua campagna presidenziale con i famosi 1.000 dollari mensili.
Terzo: la governance decentralizzata. In Italia, ad esempio, è nata X20 DAO, la prima organizzazione autonoma decentralizzata riconosciuta legalmente. Blockchain e smart contract permettono decisioni collettive senza intermediari politici. È democrazia diretta potenziata dalla tecnologia.
Quarto ingrediente: città sostenibili e intelligenti. Energia rinnovabile, agricoltura verticale, trasporti automatizzati: le tecnologie per ecosistemi urbani carbon-neutral esistono già. La sfida è integrarle in un sistema coerente.
Società utopica: i visionari all’opera
Qualcuno ha già iniziato a cucinare questa ricetta. Jacque Fresco e Roxanne Meadows hanno dedicato decenni al Venus Project, costruendo in Florida un prototipo di città basata sulle risorse anziché sul denaro. La loro “economia basata sulle risorse” eliminerebbe scarsità artificiale e speculazione di mercato attraverso sistemi cibernetici che monitorano le risorse planetarie.
Nella Silicon Valley, il movimento TESCREAL (transumanesimo, singolaritarianismo, razionalismo) persegue obiettivi simili. Elon Musk parla di colonie spaziali multiplanetarie, Ray Kurzweil di singolarità tecnologica entro il 2029, i leader di OpenAI di superintelligenza. Il denominatore comune? Una buona dose di fiducia nel progresso tecnologico come salvezza dell’umanità.

Il problema del cuoco
Ecco il nodo: chi orchestra questa trasformazione? I tentativi storici di società perfette sono spesso naufragati per mancanza di leadership appropriata o per derive autoritarie. Il Venus Project propone sistemi automatizzati che prendano decisioni “passionless” e algoritmiche, eliminando bias umani. Ma affidare il destino dell’umanità alle macchine, ovviamente, solleva interrogativi etici enormi.
D’altra parte, i politici tradizionali sembrano inadeguati per gestire trasformazioni così radicali. Come nota uno studio recente, i governi faticano già ad adattarsi all’automazione accelerata dalla pandemia. Marco Bentivogli, esperto della commissione per l’elaborazione di una strategia nazionale sull’intelligenza artificiale fino al 2022,osserva che l’AI minaccia soprattutto lavori impiegatizi, non operai: circa 2 milioni di posti in Italia potrebbero scomparire.
Società utopica: tre scenari possibili per il futuro (forse) prossimo
Il primo scenario è l’evoluzione graduale: UBI parziali, automazione settoriale, governance ibrida pubblico-privato. È la strada più probabile, ma anche la più lenta.
Il secondo è la disruption totale: una crisi sistemica (climatica, economica, sociale) che costringe a ripensare tutto da zero. Qualcuno, peraltro, colloca questa crisi a pochi anni da oggi, entro il 2035. In questo caso, i modelli utopici diventerebbero necessità di sopravvivenza.
Il terzo scenario è la frammentazione: isole di utopia per élite tecnologiche, mentre il resto dell’umanità arranca con sistemi obsoleti. Il rischio distopico più concreto.
La ricetta che manca
Gli ingredienti ci sono davvero tutti. Intelligenza artificiale sempre più potente, automazione che riduce drasticamente i costi di produzione, sistemi decentralizzati che permettono coordinamento senza gerarchie, tecnologie verdi per sostenibilità ambientale. Come sottolineavo già nel 2020, la pandemia ha accelerato l’adozione di queste tecnologie.
Il vero problema non è tecnico, è umano: trovare il “cuoco” giusto. Serve una leadership che sappia bilanciare efficienza tecnologica e valori umani, innovazione e tradizione, libertà individuale e benessere collettivo. Forse la risposta non sta in un singolo leader o sistema, ma in una nuova forma di intelligenza collettiva che combini il meglio dell’umanità e della tecnologia.
Gli ingredienti fermentano già nei laboratori, nelle startup, nei progetti pilota. Qualcuno prima o poi troverà la ricetta giusta. L’importante è che quando succederà, sia per il bene di tutti, non solo di pochi.