Ne ho già parlato qui e qui: La Cina e gli Stati Uniti oggi sono in rotta di collisione. Non meno di un anno fa un’autorità come Henry Kissinger, non proprio l’ultimo arrivato, ha detto che gli USA e la Cina sono “sul crinale di una guerra fredda”.
Sono convinto che Kissinger abbia centrato completamente nel suo intervento. Si, penso abbia ragione. Le due nazioni sono destinate a confliggere, e questo accadrà molto presto. Una guerra fredda tra USA e Cina è praticamente ovvia nel prossimo futuro. Ci sono margini per arrivare ad una guerra “calda” entro i prossimi 20 anni? Una di quelle guerre che si mettono molto, molto male con opzioni atomiche? Sfortunatamente, la risposta è sì.
Il problema dei mari
Le due nazioni sono significativamente in disaccordo sullo stato del Mar Cinese Meridionale. La Cina rivendica quelle come sue acque territoriali, avocando a sé il controllo sui ricchi giacimenti di petrolio e gas e il dominio sul 40% del commercio mondiale che passa attraverso questi mari strategici. Gli USA (e buona parte del resto del mondo) credono che queste siano acque internazionali e quindi di libero passaggio. La Cina sta espandendo rapidamente la sua Marina (hanno già più navi da guerra degli Stati Uniti) e sta costruendo isole artificiali in tutto il Mar Cinese Meridionale per usarli come nodi militari strategici.
Se non avete capito bene di cosa si tratta, vi faccio un esempio pratico: ieri, 10 marzo, il cacciatorpediniere americano Uss John Finn ha condotto un transito di routine nello Stretto di Taiwan il 10 marzo «in conformità con il diritto internazionale». È la terza iniziativa simile da inizio anno nell’ambito di un programma americano sulla «libertà di navigazione». Per i media cinesi, invece, la mossa degli Stati Uniti ha «intenzionalmente sabotato la situazione regionale».
Ai ferri corti su tutto
Se non bastasse la navigazione Cina e USA sono in contrasto su un’ampia varietà di regole commerciali e tariffarie legate a una relazione commerciale sbilanciata. Ci sono significative accuse di furto di proprietà intellettuale da parte degli USA contro la Cina. Abbiamo assistito ad azioni informatiche offensive intraprese da entrambe le parti. Le accuse americane sulle violazioni dei diritti umani contro la popolazione musulmana uigura in Cina. Le accuse cinesi di ingerenza nella situazione politica di Hong Kong.
Vogliamo menzionare le profonde differenze sul controllo delle reti 5G e sullo status della Huawei? E le ritorsioni contro le società americane in Cina? E l’accusa di aver diffuso “il virus cinese” fatta dalla leadership USA? E la recente rivalità nella corsa allo spazio? Tra USA e Cina, è fin troppo evidente, non va per niente bene. Non si tratta di una semplice rivalità.
La trappola di Tucidide
La storia è piena di esempi di “trappola di Tucidide” (una teoria articolata dal politologo di Harvard Graham Allison). Ogni volta che negli ultimi 2000 anni una potenza in ascesa (in questo caso la Cina) si è confrontata con una potenza consolidata (in questo caso gli USA) il risultato ha portato a un conflitto globale. Anche quando non c’era alcun vantaggio in una guerra, per nessuna delle due parti.
Tra gli esempi più recenti, la Prima Guerra Mondiale. E più avanti, la Terza Guerra Mondiale più volte sfiorata per gli attriti tra USA e URSS. Che c’è di diverso adesso?
Ora disaccordi e pressioni interne sono davvero forti, su entrambe le sponde del Pacifico. Da un lato il presidente Xi cerca di consolidare il potere e dall’altro Biden governa con una maggioranza ristretta. Per entrambi è facile indicare l’altro come l’aggressore, militarmente ed economicamente. Aggiungiamo la pandemia come ulteriore punto di pressione ed il gioco è fatto.
USA e Cina: il timore di una scintilla
L’incidente, guardate l’esempio “nautico” di ieri, è dietro l’angolo. Se una delle due parti dovesse “tirare troppo la corda”, l’altra risponderebbe in modo più aggressivo e potrebbe facilmente innescarsi l’escalation. Un jet cinese abbattuto o un cacciatorpediniere americano colpito da un missile potrebbero accendere sentimenti di orgoglio nazionale sia a Pechino che a Washington, specie sulla scia delle elezioni USA in cui sia la retorica Democratica che quella Repubblicana hanno usato la Cina come un sacco da boxe.
Se si verificasse un incidente nello Stretto di Taiwan, aggiungerei il fattore di estremo orgoglio e nazionalismo cinese nella loro visione di Taiwan come parte sovrana della Cina. Questo potrebbe facilmente innescare uno scambio militare molto più ampio dei colpi di avvertimento e degli approcci ravvicinati visti fino ad ora. Molto più ampio.
Quanto più ampio?
Tutto questo sembra inimmaginabile. Eppure spesso la nostra incapacità di rispondere alle minacce non è un errore di intelligenza, ma di immaginazione. Non abbiamo mai immaginato Pearl Harbor, né l’11 settembre, né il Covid, nonostante ci fossero gli elementi per immaginarli. Per questo serve immaginare collettivamente il disastro di una possibile guerra tra USA e Cina, così da poterlo decodificare e prevenire.
Le possibilità che USA e Cina finiscano in una guerra sono reali e in aumento.
Non servirà solo immaginazione, ma il duro lavoro di creare una strategia nazionale che possa impiegare tutti i nostri considerevoli strumenti di stato. Serviranno sforzi in diplomazia, economia, deterrenza militare, cultura e comunicazioni.