Poche settimane fa il dottor Ray Kurzweil si è rivolto a un uditorio privato alla Singularity University, fornendo un aggiornamento (non richiesto e non previsto) sugli impianti cerebrali di Neuralink: finiranno per cambiare il nostro modo di pensare. Nel lungo termine, modificheranno il nostro modo di percepire il mondo.
Non sarà una lotta tra l’uomo e la macchina ma una sinergia importante, assicura Kurzweil. Metteremo davvero la nostra mente in un cloud: così come oggi uno smartphone amplia le sue possibilità con la connessione ad una rete, la nostra mente migliorerà le sue prestazioni accedendo ad un cloud.
La nostra mente concepirà pensieri ibridi tra quelli naturali che vengono da noi e quelli provenienti dal cloud. Troppo radicale? Certo. Ed anche prematuro: ma le aziende che lavorano sugli impianti neurali pensano anche a questo. E Neuralink sembra essere tra quelle più avanti.
A che punto è Neuralink?
Sembra ieri, ma l’azienda di Musk è in giro già dal 2019, prima con circospezione, poi con un ‘disvelamento’, annunci sorprendenti (una scimmia che gioca a Pong usando la mente) e controversi (quante scimmie sono state impiegate per i test? Hanno sofferto?). Dal 2019 ad oggi il sospetto è che Neuralink abbia lavorato su due linee: una è quella del miglioramento vero e proprio degli impianti. L’altra è quella dell’accettazione sociale.
Si tratta chiaramente di due elementi interconnessi: miniaturizzare e perfezionare la macchina è necessario e va fatto accanto allo sviluppo di un design più accettabile. Un aspetto che, come fu per il primo iPhone nel 2007, punta a diventare iconico e a catturare attenzione.
Per questo, Musk ha assunto uno studio di design industriale e digitale chiamato Card79. Questo gruppo di visionari talentuosi ha progettato un concept di interfaccia macchina cervello per neuralink che si è concentrato su un equilibrio tra comfort, discrezione e facilità d’uso.
Le voci di dentro
Per sviluppare l’impianto, lo studio di design ha esaminato diverse forme dell’orecchio. E (compatibilmente con l’attuale stato della tecnologia, ancora non propriamente “invisibile”) hanno concepito un design che si adatta dietro l’orecchio e funge da interfaccia tra il tuo cervello e il cloud. L’ultimo sviluppo sembra già molto più confortevole e discreto, ma resta somigliante ad uno dei primi ingombranti apparecchi acustici.
Più interessante (almeno per ora) è vedere il video dimostrativo che Card79 ha prodotto un anno fa allo scopo di mostrare alcuni esempi di utilizzo dell’impianto. Permetterà alle persone di porre domande ad un assistente vocale “interno” (un po’ come avere Alexa, ma direttamente in mente) accedendo molto velocemente alle informazioni. Anche servizi come mappe, notizie meteo e altro sarebbero accessibili senza più consultare uno smartphone.
Il video è uscito un po’ in sordina, ha solo poche centinaia di visualizzazioni, ma è parecchio interessante (e un po’ inquietante).
Un giorno nella mente
Il video “segue” un uomo attraverso una giornata normale mentre interagisce con la sua AI personale chiamata EVA, che interagisce con lui attraverso la mente. E se qualcuno “spia”? Lo scenario prevede che ci sia una connessione crittografata tra una persona ed il suo impianto: nessun rischio (sicuri?) che il nostro dialogo “interiore” sia trafugato.
EVA, come farebbe un perfetto collaboratore, illustra all’uomo i suoi parametri vitali. “Hai dormito bene, anche se un po’ meno del solito. Forse una stanza più fresca ti aiuterebbe: stasera proviamo a regolare la temperatura della camera da letto. Hai un messaggio in arrivo da Brian, Janice vuole chattare con te. Silenzio telefonate e notifiche fino alle 11:30.”
Dio mio, sarà una voce che parla in testa? A quanto pare no: più un pensiero, come quelli che abbiamo anche oggi. E si potrebbe spegnere, magari con un app del cellulare. Suona comunque un po’ troppo “forte”, almeno per la mia generazione.
Che altro ancora?
Le possibilità sono infinite: aggiungere una sorta di “seconda coscienza” cibernetica alla nostra ci “sfiderà” a lottare per la nostra parte, evitando di soccombere ad una “super mente” che sa tutto e ci fornisce ogni dato senza sforzi.
Cucinare? Bene, ricetta “suggerita” passo passo. Mentalizzata, passatemi il termine. Nodo alla cravatta? Si, ora so come si fa. Si, non dimentico che la startup di Musk nasce principalmente con scopi medici, per guarire diverse patologie: la prima, prevista per il 2027, è l’acufene. Potrebbe valere già il prezzo del biglietto, almeno per chi è costretto a sentire un fischio assordante tutto il giorno.
Luci e ombre di una ‘seconda mente’
Come cambierà il nostro lavoro? E la nostra creatività? Difficile immaginarlo. E andando avanti, una futura versione più avanzata sarà in grado di suggerire alle persone soluzioni, risposte, prodotti sulla base del suo stato d’animo, personalizzando la sua esperienza in modi che neanche possiamo prevedere.
E rischiando, per usare le parole di Yuval Harari, di “hackerare” un essere umano.
A sentire Kurzweil non dobbiamo allarmarci più di tanto: io dico che ci sono segnali molto forti di una crescita incredibile delle intelligenze artificiali, e cresceranno ancora all’inverosimile. Per accogliere cambiamenti così profondamente invasivi come può essere un impianto cerebrale dovremo faticare molto. E poi, con l’amplificazione della nostra intelligenza attraverso l’informatica, dovremo prepararci a modi completamente nuovi di vivere.