Gli scienziati che studiano da sempre il fenomeno dell’invecchiamento stanno facendo scoperte su scoperte. La più importante però porta ad una consapevolezza: il processo di invecchiamento non è inevitabile e, comprendendo i meccanismi molecolari e cellulari che lo determinano, potremo sviluppare trattamenti che rallentano o addirittura invertono il processo.
Possiamo imparare abbastanza da permettere agli esseri umani di vivere anche centinaia anni, come alcuni animali? O trovare un modo per riavvolgere il nastro, come una certa medusa? Domande affascinanti, spesso seguite da un’altra, sempre la stessa: vorremmo davvero farlo?
L’idea di poter trattare l’invecchiamento come qualsiasi altra condizione medica solleva alcune grandi questioni etiche. Ci riflettiamo su?
Sovrappopolazione
Siamo tanti, e stiamo facendo il mondo a brandelli tra clima, sfruttamento delle risorse e inquinamento. Se vivessimo molto più a lungo arriveremmo a numeri enormi: che impatto avrebbe la sovrappopolazione sul pianeta?
Cerchiamo di mettere a fuoco la questione. Parlare di “sovrappopolazione” assume che il problema nasca direttamente da quanti siamo, e non da come ci comportiamo. E non penso sia vero. Come non è vero che la “colpa” sarebbe delle società con più nascite, che al momento stanno subendo, e non certo imponendo i danni ambientali di una minoranza (quella molto industrializzata).
Analizziamo i fatti. Osservando le proiezioni demografiche delle Nazioni Unite, anche nell’assurda e ridicola ipotesi in cui entro il 2025 una “pillola” riducesse la morte “per vecchiaia” abbattendo i rischi di cancro, infarti, demenza e altro, ci sarebbe appena il 16% in più di popolazione mondiale entro il 2050.
Sareste felici o no di fare un po’ di sforzi in più per ridurre la nostra impronta di carbonio in cambio di una drastica riduzione di morte e sofferenza umana?
Iniquità
Con la sua Altos Labs il fondatore di Amazon Jeff Bezos è solo l’ultimo miliardario in ordine di tempo ad investire nella ricerca anti-invecchiamento. L’interesse degli ultra ricchi (specie quelli nel campo delle tecnologie) è evidente. Ma, se i loro sforzi dovessero avere successo, il resto di noi sarà in grado di permettersi questi trattamenti?
A dispetto della “vulgata”, ci sono tre importanti motivi per sperare di sì.
Primo
Alcuni di questi trattamenti potrebbero essere in realtà molto economici. Alcuni tra i più seri candidati a diventare farmaci anti vecchiaia, come la metformina e la rapamicina, sono farmaci esistenti i cui brevetti sono già scaduti e costano pochi centesimi per pillola. Anche le terapie più avanzate, grazie ad automazione ed economia di scala, potrebbero contenere i costi in tempi relativamente brevi.
Secondo
Questi trattamenti potrebbero compensarsi praticamente da soli. Si stima che la sola sindrome di Alzheimer (una delle tantissime malattie legate all’invecchiamento), costi oltre 1.000 miliardi di dollari in tutto il mondo, che saliranno a 2.000 miliardi di dollari entro il 2030. Farmaci in grado di alleviare l’enorme peso di tante malattie farebbero risparmiare ai governi e ai sistemi sanitari un’enorme quantità di denaro.
Terzo
Il più cinico motivo: se anche i miliardari pensassero solo a sé stessi, immaginate di essere uno di loro. Vorreste essere la prima persona a prendere un farmaco anti invecchiamento sperimentale o la centomillesima, dopo test approfonditi di sicurezza ed efficacia? Stavolta ciò che va bene per i miliardari andrebbe bene anche per noi: una florida “industria della longevità”, con cure economiche, uso diffuso e guadagni praticamente infiniti.
La vita non avrebbe più senso
Questa è l’obiezione che mi fa riflettere di più. E viene posta solo a chi fa ricerche sull’invecchiamento: nessuno direbbe a un oncologo, ad esempio, se è preoccupato per l’effetto che eventuali cure contro il cancro avrebbero sulla condizione umana.
C’è bisogno di ribadire che se anche dovessimo curare completamente l’invecchiamento, le persone continuerebbero a morire? Ci sarebbero ancora (purtroppo) guerre, incidenti d’auto, malattie infettive, disastri naturali. Di certo, un mondo in cui la nostra giovinezza biologica fosse prolungata il più possibile sarebbe un mondo con meno morti. E non sono così sicuro che sarebbe una cosa negativa.
Gran parte del significato della nostra vita non deriva dalle “grandi idee” che abbiamo, ma dalle persone che la riempiono. I nostri figli, i nostri amici, le nostre famiglie.
E gran parte del dolore della vita deriva dalla cattiva salute, loro o nostra. Perché non dovremmo voler vivere ancora, se potessimo farlo più a lungo e in buona salute?
È davvero improbabile che ci annoieremmo, così come è improbabile che ci appiattiremmo senza evolverci. Anzi, l’esperienza arricchirebbe le nostre possibilità, checché ne dica Elon Musk (vorrei vederlo, poi, al dunque).
Infine, anche se arrivati a 100, 150, 200 anni ci stancassimo della vita, non preferireste andarvene in modo breve e indolore, quando volete, piuttosto che farvi portare via la vita lentamente e dolorosamente per decenni dal processo di invecchiamento?
Anti invecchiamento, sono solo farmaci
Non ci sono prove concrete che gli anni in più guadagnati prevenendo gli attacchi di cuore abbiano tolto significato alla vita moderna. Perché aggiungere qualche anno in più senza attacchi di cuore, cancro e vecchiaia dovrebbe farlo?
Tutti i farmaci hanno effetti collaterali. Possono essere anche effetti sociologici, economici, etici. La pillola contraccettiva ha trasformato la società, specie per le donne. Gli antibiotici e i vaccini non hanno solo salvato milioni di vite, ma hanno ridefinito del tutto il nostro rapporto millenario con le malattie infettive.
I primi farmaci anti obesità davvero efficaci stanno già dando vita a un’altra rivoluzione sociale e medica. Quelli contro la calvizie idem.
Certo, serve sempre discutere le implicazioni etiche dei nuovi trattamenti medici. ma per me il mondo sarebbe un posto di gran lunga migliore se a questa lista di nuovi trattamenti si aggiungessero dei veri farmaci che eliminano l’invecchiamento.
Anche se qualcuno oggi, scommettendo che la scienza fallirà, fanno “gli splendidi” dicendo che tutto sommato morire è bello.