Immaginate di svegliarvi domani mattina e scoprire che tutti i bancomat del mondo hanno smesso di funzionare. Niente carte di credito, niente contanti, niente prezzi sui prodotti. Eppure i negozi sono aperti, i treni viaggiano, la gente lavora. Non è fantascienza: è quello che succede già oggi in alcune comunità sparse per il globo che hanno abolito il denaro.
Non parlo di tribù isolate o comuni hippie: parlo di esperimenti economici concreti dove migliaia di persone vivono, producono e condividono risorse senza mai toccare una banconota. Sarà mai possibile?
Come funziona una società senza denaro nel concreto
Colin R. Turner, autore di ricerche sui sistemi post-monetari, ha descritto nei suoi studi come potrebbe funzionare concretamente una società senza denaro. L’economia del libero accesso si basa su tre principi fondamentali: accesso libero a beni e servizi, condivisione delle risorse e contributo volontario.

In questo modello non esistono cartellini del prezzo, mercati tradizionali o occupazioni nel senso classico del termine. Tutto viene fornito senza precondizioni: dalle necessità di base come cibo e alloggio, fino ai servizi più complessi. Il volontariato sostituisce il lavoro salariato, creando una società automaticamente più efficiente perché basata su impegno condiviso piuttosto che su coercizione economica.
È solo un’utopia? Forse. Ma non è una cosa del tutto impossibile: questi sistemi esistono già su scala ridotta. Dalle banche del tempo ai sistemi di scambio locale, passando per le comunità digitali open source, milioni di persone partecipano quotidianamente ad economie che funzionano senza denaro tradizionale.
Il passaggio cruciale avviene quando la tecnologia rende abbondanti risorse che prima erano scarse. Come nota uno studio sui vantaggi dell’economia postmonetaria, “un’economia senza moneta è in grado di offrire una maggiore produzione e una più equa distribuzione della ricchezza”.
L’automazione apre la strada a sistemi senza denaro
Il vero catalizzatore di questa trasformazione è l’automazione. Come abbiamo visto negli ultimi anni, robot e intelligenza artificiale stanno sostituendo il lavoro umano a ritmi accelerati. E invece di vedere questo come una minaccia, potremmo interpretarlo come un’opportunità per ripensare completamente il nostro sistema economico.

Quando le macchine producono tutto ciò di cui abbiamo bisogno, il lavoro umano diventa opzionale. A quel punto, mantenere un sistema basato su salari e prezzi diventa artificioso. Perché costringere le persone a “guadagnarsi da vivere” quando la vita può essere garantita dall’abbondanza tecnologica?
Una società basata sul volontariato diventa automaticamente più efficiente, perché incentiva un impegno condiviso e quindi meno gravoso per tutti, diversamente da come avviene nel nostro modello attuale
Non è una semplice speculazione futuristica. La ricerca economica mostra già come settori ad alta automazione tendano naturalmente verso costi marginali zero. Il software libero ne è l’esempio più evidente: una volta scritto, può essere distribuito infinite volte senza costi aggiuntivi.
Dalle visioni di Jacques Fresco alle realtà contemporanee
Uno dei pionieri teorici delle società senza denaro è stato Jacques Fresco, ingegnere e futurista che ha dedicato la vita a progettare quello che chiamava “economia basata sulle risorse”. Il suo Venus Project, nato negli anni ’70, immaginava città circolari autogestite dove la tecnologia eliminava la scarsità e rendeva obsoleto il denaro. Fresco costruì modelli fisici dettagliati, dimostrando come l’architettura stessa potesse supportare una società post-monetaria.

Anche se il Venus Project non è mai stato implementato su larga scala, le sue idee hanno influenzato decine di esperimenti concreti. Dalla comunità di Auroville in India, che ospita 3.000 residenti senza uso di denaro interno, fino ai progetti di economia circolare in Olanda, vediamo tentativi reali di applicare i principi teorizzati da Fresco.
La lezione più importante? Che una società senza denaro richiede non solo tecnologia avanzata, ma anche un profondo cambiamento culturale nel modo in cui concepiamo valore, lavoro e successo.
I vantaggi nascosti di una società senza denaro
Eliminare il denaro (comprese le criptovalute) non significa tornare al baratto primitivo, ma evolvere verso qualcosa di completamente nuovo. I sistemi di scambio non monetario mostrano vantaggi inaspettati: maggiore coesione sociale, riduzione dello stress legato alla sopravvivenza economica, e paradossalmente, maggiore produttività.
Quando le persone contribuiscono volontariamente invece di essere costrette dalla necessità economica, la qualità del lavoro migliora drasticamente. Non c’è più bisogno di “inventare” occupazioni inutili solo per giustificare uno stipendio.
Le energie umane si concentrano su attività realmente utili: ricerca, arte, cura delle persone, protezione dell’ambiente.
Inoltre, una società senza denaro elimina automaticamente molti problemi strutturali: non ci sono più crisi finanziarie, inflazione, o disuguaglianze estreme. La ricchezza non può più essere accumulata perché non esiste alcun mezzo di scambio da accumulare.

La fine del marketing: cosa accadrebbe ad aziende e consumi
In una società senza denaro, il concetto stesso di “azienda” come lo conosciamo oggi svanirebbe. Niente più vendite significa niente più marketing, pubblicità o strategie per convincere i consumatori ad acquistare prodotti di cui spesso non hanno bisogno. Gli ipermercati si trasformerebbero in centri di distribuzione dove le persone prendono liberamente ciò che serve loro, senza code alle casse o decisioni guidate dal prezzo.
Ma questo non significherebbe caos o spreco. Senza l’ossessione del profitto, la produzione si orienterebbe finalmente verso la qualità e la durata invece che verso l’obsolescenza programmata. Perché produrre oggetti che si rompono dopo due anni quando puoi farne uno che dura venti? Il “successo” di un prodotto non si misurerebbe più nelle vendite, ma nella soddisfazione reale degli utilizzatori e nell’impatto ambientale positivo.
In questo scenario, le ex-aziende diventerebbero collettivi di progettazione e produzione guidati dalla passione e dall’utilità sociale piuttosto che dal profitto. I “designer” lavorerebbero per creare oggetti belli e funzionali, gli ingegneri per risolvere problemi reali, i produttori per soddisfare bisogni autentici. L’innovazione accelererebbe perché non sarebbe più limitata da brevetti, segreti commerciali o dalla necessità di creare differenze artificiali tra prodotti simili.
Il risultato? Meno varietà superficiale (non servirebbero 47 marche diverse di shampoo), ma prodotti infinitamente migliori, personalizzabili e sostenibili. La vera innovazione emergerebbe dalla creatività libera piuttosto che dalla competizione per quote di mercato.
Certo, abbiamo assistito al “lungo addio” dei padroni del vapore, e assistiamo alle gigantesche resistenze dei giganti di Big Tobacco e dei combustibili fossili. Mi riesce difficilissimo immaginare la dinamica con cui i player del sistema industriale mondiale accetterebbero di cedere potere, ricchezze accumulate e aziende. Eppure, anche l’Impero Romano, dopo migliaia di anni, è diventato qualcosa di totalmente diverso.
Ostacoli e obiezioni verso un’economia senza denaro
Ovviamente, l’idea di una società senza denaro incontra resistenze enormi. La prima obiezione è sempre la stessa: “Ma chi avrà voglia di lavorare?”. Come abbiamo analizzato in precedenti studi, questa domanda rivela un presupposto sbagliato: che il lavoro sia intrinsecamente spiacevole e che le persone lo facciano solo e soltanto per necessità economica.
In realtà, la ricerca psicologica dimostra che l’essere umano è naturalmente portato a contribuire quando le sue necessità di base sono soddisfatte. Il problema del nostro sistema attuale non è la pigrizia umana, ma il fatto che molti lavori sono alienanti o inutili, mantenuti in vita solo dalla necessità di distribuire reddito. In questo senso, un mondo “senza lavoro” non sarebbe solo possibile ma del tutto auspicabile.

Un’altra obiezione riguarda la complessità organizzativa. Come si coordina una società complessa senza i segnali di prezzo del mercato? La risposta arriva dalla tecnologia: algoritmi di intelligenza artificiale possono gestire la distribuzione delle risorse in modo più efficiente di qualsiasi mercato tradizionale.
Infine, c’è la questione della transizione. Non si può passare da un giorno all’altro da un’economia monetaria a una post-monetaria. Neanche da un anno all’altro, ed io aggiungerei: neanche da un decennio all’altro. Ma la trasformazione può essere graduale, iniziando dai settori dove l’abbondanza tecnologica è già realtà.
E poi la domanda che nessuno vuole fare
Si potrà davvero attuare una società senza denaro finché esisterà anche solo un lavoro duro e spiacevole che un essere umano deve svolgere? Chi pulirà i bagni pubblici o raccoglierà i rifiuti senza un compenso monetario? La risposta potrebbe essere più semplice di quanto sembri.
In una società dell’abbondanza, questi compiti potrebbero essere distribuiti equamente tra tutti i membri della comunità, trasformandoli da “professioni” a contributi temporanei e rotativi. Immaginate se ogni persona dedicasse solo 5 ore al mese ai lavori meno piacevoli: il carico individuale diventerebbe trascurabile, mentre il senso di responsabilità collettiva si rafforzerebbe. Inoltre, molti di questi lavori stanno già venendo automatizzati: robot che puliscono, raccolgono rifiuti e mantengono gli spazi pubblici potrebbero eliminare completamente il problema nell’arco di qualche decennio.

Segnali che la (lunghissima) transizione potrebbe essere già iniziata
Guardandoci intorno, i minuscoli segnali di questa trasformazione sono ovunque. Wikipedia funziona senza motivazioni di profitto. Il software open source alimenta la maggior parte di Internet. Milioni di persone creano contenuti gratuiti su piattaforme digitali non per denaro, ma per passione o riconoscimento sociale.
L’economia della condivisione (sharing economy) è un altro precursore: quando un’auto può essere condivisa da decine di persone invece di rimanere parcheggiata il 95% del tempo, stiamo già parlando di accesso invece di possesso.
Persino nel settore manifatturiero, la stampa 3D sta democratizzando la produzione. Quando chiunque potrà “stampare” gli oggetti di cui ha bisogno, il concetto stesso di proprietà privata dei mezzi di produzione diventerà obsoleto.

La pandemia ha accelerato molti di questi trend. Il lavoro a distanza ha dimostrato che molte funzioni possono essere automatizzate. L’e-learning ha reso l’istruzione virtualmente gratuita. Come previsto, la singolarità tecnologica potrebbe rendere obsoleti non solo il denaro, ma molte delle istituzioni che lo regolano.
Forse l’aspetto più affascinante di tutto questo è che non si tratta di imporre un nuovo sistema dall’alto, ma di assecondare una trasformazione che sta già avvenendo. La tecnologia ci sta spingendo naturalmente verso l’abbondanza. Il denaro, nato in un’epoca di scarsità, potrebbe semplicemente non essere più necessario.
Che questo futuro senza denaro ci piaccia o no, sembra essere il punto di arrivo logico dell’evoluzione tecnologica. Come gestiranno i nostri pronipoti questo passaggio? Saremo abbastanza saggi da progettare questa nuova società in modo che funzioni davvero per tutti?
Questo ddavvero non posso prevederlo.