Se consideriamo solo le prospettive occupazionali, il 2021 è stato un ottimo anno per le rinnovabili. Un report appena pubblicato dal Dipartimento USA per l'Energia doce che quasi ogni settore del comparto green ha aumentato le risorse impiegate. Al contrario, il comparto di petrolio e gas ha avuto un altro robusto calo dell'occupazione (alcune aziende anche del 12%), nonostante un aumento della produzione. Una transizione ecologica, ma anche lavorativa.
In totale, i posti di lavoro nel settore energetico sono cresciuti del 4% circa: parliamo di 300.000 lavoratori in più. Un buon risultato, che maschera le perdite del lato "fossile": aziende di petrolio e carbone hanno perso quasi 40.000 lavoratori.


Transizione ecologica uguale transizione occupazionale?
La crescita dei "trasporti verdi" ha avuto effetti significativi sul mercato del lavoro, rivitalizzando in molti casi anche industrie del comparto automobilistico che avevano visto una riduzione dell'occupazione nel tempo. Un buon segnale, cui però vanno contrapposti alcuni dati incontrovertibili.
Primo: gran parte del settore energetico è ancora messa male: a parte quello automobilistico, nessun altro comparto è a livelli superiori quelli pre-pandemia. E in tema di produzione energetica, solo l'eolico "soffia" a venti più forti del 2019.
Per questo la tendenza potrebbe essere passeggera, e non confermarsi quest'anno. Con il conflitto aperto in Ucraina che ha fatto schizzare verso l'alto i prezzi dei combustibili fossili, il livello occupazionale potrebbe ritrovare vigore parallelamente all'offerta.
A parte la contingenza, comunque, il quadro generale dice che questo passaggio si consoliderà. Le rinnovabili finiranno per "drenare" i posti di lavoro che oggi occupano le aziende dell'industria fossile.
I miglioramenti nelle soluzioni di energia pulita e le iniziative di efficienza energetica per costruire un futuro più sostenibile e resiliente faranno la parte del leone durante tutti i prossimi 10-20 anni.