Questo post fa parte di “Periscopio”, la newsletter Linkedin che ogni settimana approfondisce temi di Futuro Prossimo, e viene pubblicata in anticipo sulla piattaforma LinkedIn. Se vuoi iscriverti e leggerla in anteprima, trovi tutto qui.
Ricordate la scena del film “Io, Robot” in cui Will Smith (agente di polizia che odiava i robot) interrogava l’industriale produttore dell’androide sospettato di aver ucciso una persona? A un certo punto il tizio guardava Smith negli occhi e gli lanciava un j’accuse: “Suppongo che suo padre abbia perso il lavoro a causa di un robot. Forse lei avrebbe proibito Internet per tenere aperte le biblioteche”.
Siamo in tempi di “pittori robotici” come Midjourney e Dall-E 2, ma come vedete l’arte non imita la vita solo quando è fatta da un’AI. O si? In qualche modo si. L’automazione costa da sempre lacrime e sangue alla forza lavoro umana. Stipendi, dignità, tempo, vite. Lo ha fatto solo in misura differente nei decenni, a seconda del grado di avanzamento. E come potete immaginare, oggi il ritmo è più alto.
Dobbiamo temere davvero che l’intelligenza artificiale diventi senziente e prenda il sopravvento? Macché.
Questa è fantasia. La realtà è peggio: la realtà è che non stiamo facendo abbastanza per prepararci ad un futuro in cui milioni, forse miliardi di persone con competenze sorpassate saranno messe da parte.
Perchè lo saranno. Se alternative automatizzate e meno costose saranno disponibili, i datori di lavoro (e il sistema basato sul profitto) sceglieranno automaticamente. Lo stanno già facendo: in Italia nei prossimi anni dai 4 ai 7 milioni di lavoratori potrebbero essere soppiantati.
Altrove è già successo: quest’anno i lavoratori di una struttura Zenni Optical vicino a San Francisco sono stati sostituiti con robot dotati di visione e in grado di identificare, controllare e collocare correttamente ogni articolo etichettato nel sacchetto corrispondente. Un lavoro monotono e faticoso per la maggior parte delle persone, ma non per robot dotati di questi sensori. Robot che, una volta acquistati, non richiedono stipendi o benefici.
Forza lavoro in attesa dello Tsunami
Non sono tra i teorici del mondo perduto. Questo passaggio non porterà morte e distruzione in eterno: anche il World Economic Forum stima che entro il 2025 l’automazione avrà creato almeno 12 milioni di posti di lavoro in più di quanti ne sostituirà. Una cosa è certa, però: nel frattempo sarà un disastro, e per nuovi esperti di AI in arrivo ci saranno troppe persone senza le competenze necessarie per produrre, mantenere e monitorare robot o programmi di intelligenza artificiale.
Tutte queste persone potrebbero semplicemente finire disoccupate o con un lavoro che offre una paga troppo bassa per poter mantenere loro, o una famiglia.
Vi ho già raccontato della ‘mazzata’ che sta per abbattersi sui call center, dove i dipendenti umani saranno letteralmente spazzati via dai Chatbot. Più avanti toccherà a un bel po’ di addetti alla vigilanza: Knightscope ha già iniziato ad impiegare diversi robot per monitorare centri commerciali e stadi. Nelle mense di ospedali e università americane fa capolino qualche robot che prepara insalate tra una notifica e l’altra.
Non è la prima volta. Non sarà l’ultima
È già successo in passato che la forza lavoro mondiale si sia dovuta adattare ai progressi tecnologici. Più di 200 anni fa, prese la forma dei luddisti (che prendevano il loro nome da un ragazzo, forse immaginario, chiamato Ned Ludd, che avrebbe distrutto un telaio in segno di protesta).
I luddisti bruciarono fabbriche un po’ ovunque in Gran Bretagna, dove telai meccanizzati e telai per maglieria sostituivano i tessitori e altri lavoratori tessili. Funzionò? No. Allo stesso modo, non hanno funzionato le proteste (aspre o blande) contro automobili, telefoni e computer che nei decenni hanno fatto fuori una bella parte della forza lavoro, offrendo ad un’altra fetta di lavoratori nuove opportunità.
Il problema non è se i robot, l’AI o chissà cos’altro saranno cattivi. Il problema siamo noi. Ogni piano “di salvataggio” che approntiamo contro fenomeni del genere si basa sullo stesso schema di qualsiasi animale: attacco o fuga. O protestiamo, o ce ne sbattiamo.
Forza lavoro robotica: dobbiamo iniziare a correre
Molto semplicemente: il nostro processo di adattamento alle trasformazioni che stiamo per subire deve assomigliare alla “corsa spaziale” che USA e Russia ingaggiarono negli anni ’50 e ’60. Dobbiamo renderci conto che questo futuro non sta iniziando adesso, ma è già partito da un bel po’. E prima di assistere ai suoi effetti peggiori dobbiamo pensare alle scuole.
Alle scuole dell’infanzia, a quelle primarie. Ai licei, dove dobbiamo porre più enfasi sulle “soft skill” e sulle capacità che da un lato preparano le nuove generazioni alla tecnologia, dall’altro le rendono più difficili da sostituire (perchè ci sono qualità che NON possono essere sostituite).
E la forza lavoro che perde il posto? Deve essere riqualificata, e beneficiare di una rete sociale ed economica più robusta. Non facciamo come per il cambiamento climatico, negato per oltre un secolo: non aspettiamo di prendere in pieno un muro, cambiamo prima.
Usiamo la nostra intelligenza. Quella umana.