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Un mondo completamente robotizzato, in cui le macchine collaborano con l’umanità in tutti i modi possibili, ricorre da anni nelle opere di fantascienza: libri, film, giochi. E come sempre, viene raccontato in modo polarizzato.
Ci ritroveremo in una discarica globale in cui le macchine ci aiutano a cercare tra i rifiuti e i rottami il senso perduto della vita? In uno scenario post-apocalittico dominato da una intelligenza artificiale (e ostile)? O su un pianeta in cui umanità e macchine convivono in un equilibrio robotizzato e vagamente asettico (alla Asimov, per capirci)?
La forma del futuro che immaginiamo
Se mettessimo tutte le nostre versioni del futuro robotizzato su un grafico, potremmo ottenere un aspetto come questo:
Non neghiamolo: la maggior parte delle nostre visioni è pessimistica. Abbiamo ragione a temere il peggio? Confrontiamo la robotica e la ricerca sull’intelligenza artificiale (andranno sempre più di pari passo) con altri progressi tecnologici di simile portata. Un esempio su tutti: le ricerche sull’energia atomica. Sono iniziate con una bomba, guidate da programmi militari. E indovinate cosa accade oggi?
Niente di nuovo. Purtroppo.
Tutti gli attori che lavorano oggi nel campo della robotica e dell’AI sono generalmente d’accordo sul fatto che dobbiamo progettare le macchine con regole etiche precise, che privilegino la vita umana. Qualsiasi dispositivo robotizzato dotato di intelligenza artificiale deve poter riconoscere gli esseri umani ed evitare di danneggiarli. Ad ogni costo.
È davvero così? Mentre vi scrivo USA, Russia, Cina e altri Paesi stanno tutti conducendo programmi per creare (e impiegare) droni e robot da campo guidati dall’AI per uccidere le persone.
Robot simili a quello del video qui sotto saranno in grado di “dirigersi” da soli.
È una ricorrenza drammatica: ancora una volta, ancor prima di entrati nell’era robotica, stiamo ignorando i consigli di due generazioni di scienziati e futuristi che hanno riflettuto su questi problemi per anni e anni. Inutilmente?
Il mondo robotizzato che vogliamo è un altro
“We, the people”, direbbe qualcuno, non vogliamo una Terra dominata da robot assassini. Con la mente temiamo la distopia, con il cuore desideriamo l’utopia.
Vogliamo un mondo in cui robot e intelligenza artificiale ci aiutino a rendere tutto migliore. Ma per arrivarci potremmo attraversare un inferno se ancora una volta saranno gli obiettivi militari a trainare il futuro robotizzato.
Non sottovalutate MAI la fantascienza. Ispira il futuro, ma fotografa anche il presente. C’è un motivo per cui gran parte della nostra fantascienza ruota attorno a robot che diventano autocoscienti e cercano di conquistare il mondo o di eliminare gli uomini.
Riconosciamo che questa è una possibilità, ma non è una colpa delle macchine. È nostra. Siamo noi ad eccellere nel trovare sempre nuovi modi per metterci in pericolo da soli. È sfiducia nella nostra specie? O intima conoscenza dei suoi limiti? Entrambe le cose.
Due strade per evitare il disastro
Abbandonare e/o mettere al bando ogni lavoro sull’intelligenza artificiale? Probabilmente non funzionerebbe. Proprio come per qualsiasi tentativo di controllare le armi nucleari o la ricerca medica eticamente discutibile.
Alcuni saranno d’accordo, molti no. E ne basta uno solo a remare contro: la brama umana di soddisfare la curiosità e di ottenere un vantaggio sugli altri è insormontabile.
Seconda: educare, educare, educare. Educare uomini e macchine. Cercare di fare in modo che tutti capiscano i potenziali pericoli, e costruiscano un quadro sociale, politico, culturale, ma soprattutto tecnologico di riferimento.
Una cornice nella quale il mondo robotizzato non sia un luogo ostile all’uomo. Che arrivi o no, la Singolarità tecnologica è per definizione qualcosa di violento e improvviso, un passaggio di testimone importante.
Se non prepariamo bene il terreno, perdere il controllo non sarà una possibilità ma una naturale e subitanea certezza. L’evoluzione delle macchine sarà fuori dal nostro controllo e ci ritroveremo in una posizione simile a quella in cui abbiamo collocato il gorilla di pianura o il panda gigante.
Per questo motivo plaudo ai primi, quasi commoventi sforzi di tecnici e scienziati per “inculcare” alle macchine una morale che noi stessi non sappiamo rispettare.
Serve farlo prima che queste macchine aprano gli occhi e mostrino una scintilla. Dobbiamo farlo, perché sia una scintilla d’amore: che magari ci insegni anche qualcosa su noi stessi.