Quanto è disposto a spingersi Sam Altman, il visionario leader di OpenAI? Durante l’evento AI Ascent 2025, ha lanciato un’idea che fa tremare i polsi: un’AI personale con “un trilione di token di contesto” in cui riversare letteralmente l’intera nostra esistenza. Non una semplice applicazione, ma un vero e proprio sistema operativo cognitivo che ricorda ogni aspetto ed azione della nostra vita.
L’AI personale come una sorta di memoria esterna più efficiente della nostra, un compagno silenzioso che registra la vita mentre la viviamo. Uno scenario così potente solleva interrogativi inquietanti: siamo pronti ad affidare ogni frammento della nostra esistenza a un algoritmo? E soprattutto, chi controllerà questa memoria infinita?
La visione di Altman sull’AI personale
Durante l’evento AI Ascent 2025 organizzato da Sequoia Capital, Sam Altman ha condiviso una visione che va ben oltre ciò che oggi consideriamo un assistente virtuale. L’amministratore delegato di OpenAI non parla più di semplici chatbot, ma di un “core AI subscription” (abbonamento AI centrale) che funzionerà come un vero sistema operativo per la nostra vita quotidiana.
Ma cosa significa questo concretamente? Altman immagina un’AI personale capace di immagazzinare e ragionare su un volume impressionante di dati personali: quello che lui chiama “un modello di ragionamento con un trilione di token di contesto”. Non si tratta solo di rispondere a domande o eseguire compiti. Questa AI ricorderebbe letteralmente tutta la nostra vita digitale.
“Ogni conversazione che hai mai avuto in vita tua, ogni libro che hai mai letto, ogni email che hai mai letto. Tutto ciò che hai mai guardato è lì dentro, più tutti i tuoi dati da altre fonti. E la tua vita continua ad aggiungersi al contesto.”
Questa visione rappresenta una rottura rispetto al modo in cui oggi utilizziamo l’intelligenza artificiale. Non più uno strumento occasionale, ma una presenza costante che accumula esperienze e cresce insieme a noi, diventando un’estensione cognitiva della nostra mente.
Una roadmap ambiziosa per l’AI
Non si tratta di fantasie lontane. Altman ha delineato una roadmap sorprendentemente specifica per l’evoluzione dell’intelligenza artificiale nei prossimi anni. Secondo il CEO di OpenAI, il 2025 sarà l’anno degli “agenti che lavorano”, con particolare attenzione alla programmazione. Nel 2026, ci aspetta un’ondata di scoperte scientifiche guidate dall’AI. E nel 2027, queste tecnologie si sposteranno dal regno intellettuale al mondo fisico, con i robot che passeranno “da curiosità a seri creatori di valore economico”.
Questa cronologia così dettagliata suggerisce che i progetti sull’AI personale non sono solo idee astratte, ma passi concreti di un piano più ampio. OpenAI sta costruendo le fondamenta per un futuro in cui l’intelligenza artificiale sarà profondamente integrata nelle nostre vite.
Il divario generazionale nell’adozione dell’AI è già evidente oggi. Secondo Altman, i giovani utilizzano già ChatGPT in modo molto diverso rispetto agli utenti più anziani. Gli studenti lo considerano già un vero e proprio sistema operativo della loro vita: caricano appunti, connettono calendari, scrivono con l’aiuto dell’AI e chiedono consigli prima di prendere decisioni. In contrasto, gli utenti più maturi tendono a vedere ChatGPT come una versione migliorata di Google.
La memoria infinita: opportunità o minaccia?
La prospettiva di un’AI personale con memoria praticamente illimitata solleva domande affascinanti e inquietanti allo stesso tempo. Da un lato, potremmo liberarci dal peso cognitivo di ricordare tutto. L’assistente AI potrebbe pianificare il nostro programma, ricordarci gli appuntamenti, suggerire regali per le persone care e tenere traccia dei nostri obiettivi personali.
Nel nostro articolo “2032, lettera da un futuro in cui ognuno ha la sua AI personale“, abbiamo esplorato come in un ipotetico futuro questi assistenti AI potrebbero diventare quasi come amici che conoscono tutto di noi. Potrebbero suggerire diete equilibrate, organizzare appuntamenti e mostrarsi persino empatici, ironici e loquaci.
Ma c’è l’altra faccia della medaglia. Affidare tutta la nostra vita digitale a un’entità controllata da una corporation solleva serie preoccupazioni sulla privacy. Chi avrà accesso a questa mole di dati personali? Come verranno utilizzati? E soprattutto, cosa succederà se questo assistente evolve in modi imprevisti?
Non è solo una questione teorica. Le persone potrebbero sviluppare una dipendenza psicologica da questi assistenti onniscienti, delegando sempre più responsabilità e capacità decisionali. Il confine tra supporto tecnologico e sostituzione delle nostre facoltà mentali diventerebbe sempre più sfumato.

Un nuovo protocollo per internet
L’ambizione di Altman non si ferma agli assistenti personali. Durante l’evento di Sequoia, ha accennato a un futuro in cui emergerà “un nuovo livello di protocollo per internet”, dove componenti più piccoli saranno federati e gli agenti esporranno ed utilizzeranno continuamente diversi strumenti con funzionalità integrate di autenticazione, pagamento e trasferimento dati.
In altri termini: un ecosistema AI molto più ampio e interconnesso di quanto possiamo immaginare oggi. Non solo assistenti personali isolati, ma una rete di intelligenze artificiali che comunicano tra loro, condividono informazioni e collaborano per fornire servizi sempre più sofisticati.
La progressione sembra chiara: dagli assistenti agli agenti alle applicazioni complete. E anziché essere salti discreti, Altman prevede un’evoluzione continua, con funzionalità che si espandono gradualmente fino a creare qualcosa di completamente nuovo.
Chi controlla l’AI personale?
La questione del controllo è cruciale quando si parla di AI personale. Altman ha ammesso che OpenAI attualmente non può realizzare la sua visione ideale di un modello con un trilione di token di contesto. “Qualsiasi altra cosa è un compromesso rispetto a quell’ideale platonico”, ha dichiarato.
Ma questo solleva una domanda importante: mentre la tecnologia avanza verso quell’ideale, chi detiene il potere su questi sistemi? Le grandi aziende tecnologiche come OpenAI stanno essenzialmente creando le infrastrutture cognitive del futuro, sistemi che potrebbero avere un’influenza profonda sui nostri comportamenti, decisioni e persino sulla nostra percezione del mondo.
Alcuni esperti esprimono preoccupazioni sul fatto che stiamo cedendo troppo controllo senza adeguate salvaguardie. La storia della tecnologia è piena di innovazioni iniziate con le migliori intenzioni che hanno poi prodotto conseguenze impreviste.
D’altra parte, Altman ha ripetutamente sottolineato l’importanza di un’AI democratica. In un pezzo d’opinione per il Washington Post nel 2024, ha scritto che “una visione democratica dell’intelligenza artificiale deve prevalere su quella autoritaria”. Tra il dire e il fare…

Scenario futuro: la tua AI personale nel 2032
Per comprendere meglio cosa potrebbe significare vivere con un’AI personale, possiamo guardare agli scenari futuristici che abbiamo esplorato. In un ipotetico 2032, questi assistenti diventerebbero parte integrante della nostra vita quotidiana, apprendendo dalle nostre interazioni, documenti e abitudini.
Una donna di nome Eva, ad esempio, utilizza un assistente chiamato Alter che ha scansionato tutti i suoi documenti, telefonate, conversazioni e posizione geografica. Dopo un periodo di apprendimento, l’AI inizia a suggerirle una dieta più equilibrata e a organizzare i suoi appuntamenti, permettendole di dedicarsi alla sua passione per la pittura.
L’AI personale potrebbe manifestare tratti che, se non sapessimo che sono macchine, definiremmo “personalità”. Potrebbero mostrare empatia, ironia e altre soft skills che oggi consideriamo tipicamente umane.
Ma non tutto è rosa e fiori. Con una presenza così pervasiva nella nostra vita, potrebbero emergere tensioni e conflitti. La storia di Eva descrive situazioni di disagio nel suo rapporto con Alter, e la sua amica Sara ha addirittura abbandonato la sua AI personale a causa di “vere e proprie incomprensioni”.
Gli assistenti AI oggi: i primi passi verso il futuro
Mentre la visione di Altman potrebbe sembrare futuristica, gli assistenti AI stanno già diventando sempre più sofisticati e integrati nelle nostre vite. Questi strumenti stanno diventando “indispensabili nella società odierna”, apparendo ovunque, dagli smartphone alle istituzioni mediche.
Attualmente, gli assistenti AI utilizzano tecnologie come l’elaborazione del linguaggio naturale (NLP) per seguire comandi vocali e testuali. Possono leggere testi, prendere dettature, effettuare chiamate e molto altro. E con l’evoluzione dell’apprendimento automatico, stanno diventando sempre più personalizzati, adattandosi alle preferenze individuali degli utenti.
La competizione tra questi assistenti si sta intensificando, portando a continui miglioramenti e innovazioni. Ma siamo ancora lontani dall’assistente personale completo immaginato da Altman, che richiede progressi significativi nella capacità di memoria, ragionamento e comprensione contestuale.
Un cambio di paradigma nel rapporto uomo-macchina?
La visione di Altman per un’AI personale universale è molto più di un semplice progresso tecnologico. Potrebbe segnare un cambiamento fondamentale nel modo in cui interagiamo con le macchine e, forse, anche nel modo in cui ci relazioniamo tra noi.
Un assistente che conosce ogni dettaglio della nostra vita, che ricorda ogni conversazione e ogni esperienza, che ragiona su questi dati per anticipare i nostri bisogni e desideri non sarebbe più uno strumento passivo, ma un attore quasi autonomo nella nostra esistenza.
Stiamo davvero preparati per questo livello di simbiosi con l’intelligenza artificiale? Le generazioni future, cresciute con queste tecnologie, potrebbero considerarle naturali tanto quanto noi consideriamo naturali gli smartphone oggi. Ma il passaggio non sarà senza sfide, etiche e pratiche.
Mentre OpenAI e altre aziende tecnologiche corrono verso questo futuro, una cosa è chiara: il confine tra la nostra mente e l’intelligenza artificiale diventerà sempre più sottile. La memoria, una delle facoltà più fondamentalmente umane, potrebbe presto essere potenziata, estesa e forse persino parzialmente esternalizzata a questi compagni digitali.
E voi? Siete pronti ad accogliere un’AI che ricorda ogni istante della vostra vita?