Che ne dite di un piccolo esperimento mentale? Provate a ricordare l’ultima volta che avete sentito delle idee e le avete liquidate come “idee folli”. Magari erano robe di cripto-economia, o forse procedure estreme sulla longevità umana, o applicazioni di intelligenza artificiale che vi sono sembrate assurde.
Ora, tenetela in mente quella sensazione di scetticismo, quel riflesso quasi istintivo di rifiuto. Perché, vedete, quella resistenza viscerale potrebbe essere il più potente indicatore che siete di fronte a qualcosa di veramente dirompente. Il futuro, quello autentico, non si presenta quasi mai in forma accettabile. Il futuro, per citare il celebre adagio, non è una cena di gala. Non arriva gentilmente, ma sfonda la porta indossando il costume di un’idea folle che una volta avete deriso.
Perché la verità è che le innovazioni più trasformative non iniziano in ambienti ordinati e rispettabili; nascono ai margini, dove le regole sono ancora negoziabili e la posta in gioco è emotiva, non economica. Non ci credete ancora? Seguitemi.
Il rifiuto delle idee folli come segnale di rottura
Quando qualcosa ci appare strano o addirittura alieno, raramente ha a che fare con il valore intrinseco dell’idea. Sono i nostri meccanismi di difesa psicologica che entrano in azione. Il pregiudizio dello status quo, l’avversione alla perdita e la risposta cerebrale alle minacce cospirano per bloccare concetti nuovi prima che possiamo valutarli razionalmente.
Questo riflesso iniziale di rifiuto è meno un giudizio sull’idea e più una misura di quanto ci spinga fuori dalla nostra zona di comfort. Eppure, ironicamente, è proprio la rottura (quel caos che tanto temiamo) a spingere le società in avanti.
Ogni grande svolta, dalla penicillina a internet, è iniziata come una minaccia percepita alle strutture di potere o alle norme esistenti. Riconoscere la nostra resistenza istintiva alle “idee folli” come un segnale piuttosto che un ostacolo ci permette di interrogarci su cosa meriti davvero di essere rifiutato e cosa invece meriti un’esplorazione deliberata.

L’immaginazione precede l’infrastruttura
Al centro di ogni salto tecnologico in avanti c’è un atto di immaginazione, un’idea abbastanza audace da sfidare i vincoli presenti. L’infrastruttura, al contrario, è intrinsecamente conservatrice: richiede standard, sicurezza e scala. Questo provoca il prevedibile ritardo tra concezione e costruzione. E le lamentele di certi commentatori superficiali sui social, che dicono “si, ci sono tantissime ricerche, ma poi nessuna si concretizza”. Non è vero. E in fondo lo sapete. Lo sapete perché leggete, guardate, ascoltate e apprezzate in massa contenuti legati alla fantascienza.
La narrativa è un progetto: dalle visioni di viaggi lunari di H.G. Wells ai robot di Isaac Asimov, le storie speculative tracciano i contorni di un mondo non ancora costruito. Ingegneri e imprenditori spesso attingono a queste narrazioni per ispirazione, traducendo la prosa in brevetti.
Da Star Trek ai telefoni cellulari, dalla fantascienza alle auto elettriche: l’immaginazione ha sempre preceduto le infrastrutture che poi hanno reso reali quelle visioni.
Quello che mi affascina è che costruire nuove infrastrutture (siano esse reti, linee di produzione o quadri normativi) richiede capitale, cambiamenti politici e accettazione culturale. La fantasia non ha questi vincoli. È per questo che le idee folli possono anticipare la realtà di decenni, come è successo con i comunicatori di Star Trek che hanno anticipato i nostri smartphone.
Il ritardo culturale crea una “capsula temporale” di genialità
Avete ancora quella sensazione di scetticismo e rifiuto su quelle idee folli che vi ho chiesto di evocare ad inizio articolo? È normale. Le innovazioni spesso superano le condizioni legali, morali e tecnologiche necessarie per supportarle. Di conseguenza, le idee visionarie finiscono inizialmente archiviate in riviste esoteriche, nel limbo dei brevetti, in siti come Futuro Prossimo o nelle note a piè di pagina della storia, fino a quando un cambiamento di contesto non le resuscita improvvisamente.
E come fanno, poi, a riemergere queste idee “folli”? Beh, in molti modi. I principali sono tre:
- Aggiornamento legale e normativo: concetti rivoluzionari come gli organismi geneticamente modificati e le piattaforme di ride-sharing hanno atteso normative aggiornate prima di poter crescere.
- Rivalutazione etica: pratiche un tempo considerate tabù (come le terapie psichedeliche o l’editing del genoma umano) vengono ora riconsiderate sotto nuovi quadri etici.
- Convergenza tecnologica: concetti come l’AGI hanno richiesto progressi nella potenza di calcolo e negli algoritmi; solo ora le farm di GPU e le architetture di deep learning li rendono praticabili.

Idee folli: la sopravvivenza richiede trascendenza
In un’era definita da crisi a cascata (cambiamento climatico fuori controllo, un’epidemia globale di salute mentale e una profonda frammentazione sociale), le correzioni incrementali non saranno più sufficienti. La sopravvivenza dipende dal trascendere i nostri paradigmi radicati e abbracciare le soluzioni anomale che una volta abbiamo disprezzato.
E le soluzioni più audaci vengono dalle menti che osano pensare l’impensabile. Dall’agricoltura verticale (un tempo derisa come agricoltura fantascientifica, ora un mezzo per nutrire in modo sostenibile le popolazioni urbane) alla già citata terapia assistita da psichedelici (passata da tabù controculturale a trattamento clinicamente validato), le idee folli si rivelano spesso le più adatte ad affrontare le sfide più complesse. Ma cos’è poi, la follia? E cos’è la razionalità?

Il mito del progresso razionale
L’ho detto: tendiamo a credere che il progresso avanzi in modo ordinato, passo dopo passo, ma l’innovazione reale sfida le sequenze temporali ordinate. Emerge dall’intuizione, dalla casualità e persino dal caos. Etichettando erroneamente questi salti non lineari come “irrazionali”, spesso trascuriamo il loro potere trasformativo.
Il progresso appare illogico perché la vera svolta richiede tentativi divergenti (molti, moltissimi dei quali falliscono spettacolarmente prima che qualcuno abbia successo), dipende da scoperte accidentali (dalla penicillina ai forni a microonde) e si manifesta attraverso effetti di rete che sembrano imprevedibili.
Non posso fare a meno di sorridere pensando a come movimenti culturali come Dada (fondato sull’assurdità), il punk rock (un’etica grezza del fai-da-te) o l’Afrofuturismo (una fusione di mitologia diasporica africana con visioni speculative della tecnologia) abbiano infranto convenzioni e plasmato nuove realtà che nessuno avrebbe potuto prevedere seguendo un percorso “razionale”.

Quante idee folli stiamo ignorando o deridendo proprio adesso, mentre potrebbero contenere le soluzioni ai nostri problemi più pressanti? Forse dovremmo iniziare a prestare più attenzione a ciò che ci appare assurdo, perché lì potrebbe nascondersi il futuro che stiamo cercando. Come diceva Buckminster Fuller:
“Non si cambiano mai le cose combattendo la realtà esistente. Per cambiare qualcosa, costruisci un nuovo modello che renda obsoleto quello esistente.”
E quale modello è più nuovo di un’idea che oggi appare folle?