Quando un’icona del rock incontra la frontiera dell’intelligenza artificiale, il risultato è un’esplosione di idee che sfidano il nostro modo di percepire la musica. Con la sua “doppia vita” di scienziato e leggenda del rock (chi non amerebbe questo binomio?) Brian May ha pieno titolo per mostrare la sua visione del futuro. Il chitarrista dei mitici Queen vede un futuro nel quale la musica non è più solo un’espressione umana, ma un terreno di gioco anche per l’intelligenza artificiale.
Ospite di recente in un podcast molto seguito in UK (ve lo metto a fine capoverso), Brian May ha letteralmente guidato gli ascoltatori in un viaggio tra melodie, algoritmi e domande etiche, che ha visto la scienza fondersi con l’arte in armonie inaspettate.
L’ascesa dell’AI nella musica: vi suona bene o male?
L’industria musicale sta vivendo una rivoluzione silenziosa, ma incredibilmente potente, grazie all’avanzata dell’intelligenza artificiale. L’esempio più emblematico di questa tendenza è la canzone “Heart on My Sleeve”: la conoscete? L’ha creata un utente TikTok chiamato Ghostwriter impiegando l’AI per replicare gli stili vocali degli artisti Drake e The Weeknd. Un vero e proprio “apripista”, in tutti i sensi: il brano ha sollevato interrogativi fondamentali sull’originalità, l’autenticità e la proprietà intellettuale in un’era dominata dall’AI.
Per questo Brian May ha sottolineato che, a parte le ovvie frontiere della creatività, l’AI sposta anche quelle uniche e controverse dell’etica.
C’è da riflettere sulla natura stessa della creatività, dice “Sir May”. Ogni artista attinge, più o meno consapevolmente, da una fitta e a volte misteriosa rete di influenze e ispirazioni. L’AI, secondo Brian May, potrebbe amplificare questo processo, offrendo nuove possibilità: persino ridefinendo il ruolo stesso dell’artista. Tuttavia, l’AI può fin troppo facilmente imitare e ricombinare elementi esistenti in modi nuovi. Innovazione? Ispirazione? Plagio? Di cosa parliamo, alla fine?
Musica AI: Brian May tra possibilità e preoccupazioni
Guardando al futuro, May intravede un’epoca in cui l’AI non solo comporrà musica, ma la eseguirà e la apprezzerà autonomamente, un’idea che potrebbe sembrare distopica, ma che riflette le rapide evoluzioni in atto nel campo dell’intelligenza artificiale. Ciò potrebbe portare a un punto di svolta dove la presenza umana nella musica diventa secondaria, un concetto che sfida le nostre attuali nozioni di arte e creatività.
Mentre l’industria musicale continua a destreggiarsi con le implicazioni dell’AI, artisti come il duo elettronico Disclosure e la leggendaria band dei Beatles hanno già esplorato queste nuove tecnologie. Perfino la Recording Academy, riconoscendo questa tendenza, ha aggiornato le sue regole per i Grammy Awards del 2024, includendo la musica creata con l’ausilio dell’AI, pur ponendo limiti all’uso di brani interamente generati da una intelligenza elettronica.
E poi, d’un tratto Nick Cave
Se la doppia anima di musicista e scienziato tormenta e affascina la visione del futuro di Brian May, c’è qualcuno che ha già maturato idee molto più nette. È il rocker Nick Cave, che ha espresso un forte rifiuto all’uso dell’AI nella creazione artistica.
Nel suo blog, l’artista ha criticato l’uso di strumenti come ChatGPT per la scrittura dei testi, vedendo in essi una minaccia per l’anima collettiva e lo spirito dell’umanità. Secondo Cave, la lotta creativa è essenziale per dare profondità e significato alle nostre vite.
Comunque la pensiate, nel futuro prossimo, (forse molto prima di quanto pensiamo) la musica potrebbe non essere più un campo esclusivo di espressione degli esseri umani, segnando un’era di sfide senza precedenti nel mondo artistico. “The show must go on”, Brian. O no?